I TESORI DELLA BASILICATA: MATERA E LE CHIESE RUPESTRI.

Fin dalla preistoria il tema della spiritualità ha sempre fatto parte della vita dell’uomo e ancora oggi diversi culti e credi, vengono professati in tutto il mondo.

In Italia ne sono dimostrazione, oltre ai dati statistici, le innumerevoli chiese diffuse su tutto il territorio nonché gli affreschi, i dipinti ele sculture realizzate dagli artisti più noti di sempre: da “La pietà” di Michelangelo nella Basilica di San Pietro a “La tentazione di Adamo ed Eva” di Tintoretto. E benché si parli digeni indiscussiedi opere dalla straordinaria bellezza conosciutein tutto il mondo, l’Italia possiedemolti altri tesori.

Nella parte orientale della regione Basilicata, a Matera, si ergono lecosiddette chiese rupestriche fanno della città,l’epicentro della cultura e della civiltà rupestre. Molto vicina alla “Città dei Sassi” si trova la “Grotta dei Pipistrelli”, nella quale, secondo la leggenda, il re Barbarossa nascose un tesoro dal valore inestimabile che spinse molti uomini alla disperata ricerca del bottino.

Fu Domenico Ridola(1841-1932), archeologo materano, a rinvenirenel 1872 all’interno della grotta stessa, i resti di un altare, di immagini sacre,diframmenti di intonaco dipinto e persino dei sepolcri,con scheletri senza corredo funebre risalenti al secolo VIII. La caverna fu adibita a chiesa durante il periodo longobardo sotto il nome di Sant’Angelo il Cupo, in riferimento alla sua impenetrabile oscurità.

Tuttavia i rinvenimenti di alcuni frammenti ceramici e di manufatti preistorici, testimoniano l’utilizzo della grottagià dal Neolitico medio e superiore.

Il famigerato bottino del re Barbarossa, non è stato mai trovato, ma potremmo dire che il vero tesoro è rappresentato da tutti i reperti meticolosamenteconservati nel Museo Archeologico Nazionale Domenico Ridola.

Tra le numerose chiese rupestri presenti sulterritorio materano, una in particolare è riuscita a ritagliarsi uno spazio di grande rilievo,attirando l’attenzione di turisti nonché di storici e studiosi.

Parliamo della “Cripta del peccato originale” scoperta in tempi non molto remoti. Siamo nel 1963 quando un gruppo di giovani curiosi (circolo La Scaletta) si imbatte in una cavità dal fascino primordiale.

La cripta, risalente al periodo longobardo,prende il nome da alcune scene bibliche dell’Antico Testamento, dipinte sulle pareti interne della grotta stessa.
Grazie ai suoi stupefacenti affreschi,appartenenti all’artista noto come il pittore dei fiori di Matera e datati trail secolo VIII e IX,la chiesaè stata definita “Cappella sistina del rupestre”.

In origine era probabilmente un cenobio appartenente all’ordine benedettino,come testimoniano alcuni elementi e raffigurazioni del ciclo di affreschi. Entrando nella cripta ci si sente risucchiati dallastoria e l’aria che si respira sembra avere un odore diverso.

A sinistra, lo sguardo viene catturato dalle tre nicchie all’interno delle quali possiamo osservare le raffigurazioni, descritte da un’epigrafe in latino,delle triarchie degli ApostoliAndrea,Pietroe Giovanni, delle Vergini Regine ossia la Madonna con Bambino (Basilissa) e altre due figure femminilie degli Arcangeli Gabriele, Michele e Raffaele.

Uno degli elementi più interessanti, è la mano sinistra di San Pietro che impugna delle chiavi rivolte verso l’altocon il monogramma PETRUS.

La stessa raffigurazione, è incisa sull’altare d’oro di Vuolvino nella chiesa di Sant’Ambrogio a Milano. Avanzando, verso la parete di fondo, troviamo un ciclo pittorico raffigurante passi della Creazionecome “la Creazionedi Eva”, “la Creazione di Adamo” o ancora “la Creazione della Luce” e“la Creazione della Tenebra”.

Il ciclo di affreschi si chiude con illustrazioni di fiori. Il linguaggio pittorico è ancestrale ed il ciclo abbastanza elementare. La fisionomia dei personaggi e le linee sono essenziali. È qui che risiede la ricchezzael’unicità dell’intera cripta; il valore dell’arte sacra è indissolubile, testimonianza diun periodoestremamentelontano dal nostro, evoca la storia permettendoci di riviverla nelle sue forme più pure.

Questo luogo estremamente suggestivo, è stato recuperato grazie al progetto della Fondazione Zétema con la consulenza dell’Istituto centrale del restauro e negli anni ha attirato l’attenzione di turisti italiani e non,tant’è che il noto quotidiano statunitense “The New York Times” ne ha parlato dichiarando:“ It is a wonder” (È una meraviglia).

Oltre al grande valore artistico e archeologico, queste particolari chiese testimoniano, come accennato precedentemente,la presenzalongobarda sul territorio Lucano. In effetti la stessa città di Matera, dopo l’annessione al Ducato di Benevento avvenuta nel 664 d. C., fiorì a tal punto da diventare oggetto di contesa tra Longobardi, Saraceni e Bizantini.

Questo e molto altro, conferisce alla città di Matera un alto valore storico e culturale sottolineato anche dall’assegnazione del titolo “Capitale della cultura 2019”.
Tuttavia ancor prima di questo riconoscimento, la città ha da sempre acceso la curiosità di abitanti e turisti anche per i numerosi monumenti di notevole bellezza, per essere una delle città abitate più antiche al mondo e per i famosi Sassi che nel 1993, sono stati riconosciuti dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, primo sito dell’Italia meridionale a ricevere tale riconoscimento.

Dott.ssa Miriam Conte

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